Anlac: incontro in Friuli per contrastare concorrenza conigli cinesi

In un incontro con gli allevatori friulani, in stato di agitazione per la crisi, evidenziati i comportamenti anticompetitivi della filiera, l’ uso strategico della leva import-export, l’ assenza di etichettatura obbligatoria dell’ origine e l’arrivo di conigli cinesi triangolati in Europa che rendono ormai indifferibile l’ apertura di una indagine antitrust.

cinaIl persistente aumento delle importazioni di conigli cinesi in Europa, sia freschi che congelati, continua a creare pressione sul mercato UE con conseguente ulteriore riduzione dei prezzi del coniglio vivo in Italia, vendite sottocosto in violazione dell’ art 62 e disincentivo ad allevare, mentre la Commissione suggerisce sull’ etichettatura di optare per una scelta volontaria, piuttosto che su un obbligo a livello comunitario. Lo ha dichiarato Saverio De Bonis, presidente dell’ anlac, associazione nazionale liberi allevatori di conigli.

Se ne è discusso a Valvasone (PN) il 19 maggio 2015 – aggiunge la nota – in occasione di una riunione affollata dell’ anlac con gli allevatori liberi friulani, che sono ormai sul piede di guerra a causa del disinteresse delle rispettive organizzazioni sindacali.

Dalla riunione è emerso che all’ interno dell’ Unione europea, l’ Italia mantiene saldamente ancora il primo posto. Dal 2007 al 2012 la quota di mercato nell’ Unione è passata dal 51% al 54%. Ma con la posizione discriminante assunta dalla Commissione – sottolinea De Bonis – c’è il rischio che gli italiani mangeranno solo conigli cinesi arricchiti di antibiotici se non ci sarà una discussione nell’ Europarlamento e una presa di posizione incisiva del Ministro Martina in Consiglio Ue.

In Europa, infatti, alcuni paesi come il Belgio, la Germania e la Francia sono i più grossi importatori mondiali di conigli. Insieme – prosegue la nota anlac – detengono una quota di importazione del 51% che proviene da Cina e Venezuela e che viene rivenduta sul mercato europeo senza alcuna indicazione di provenienza a discapito di mercati europei come quello italiano leader del settore.

Anche l’ Italia pur essendo il primo produttore europeo e terzo produttore mondiale importa nel mondo il 15% dei conigli. Ma noi siamo anche i primi consumatori di carne di coniglio in Europa e questa decisione della Commissione non rispetta i diritti dei nostri consumatori sanciti dai trattai europei.

Belgio e Germania, invece, – fa notare De Bonis – non producono conigli, ma ne importano tantissimi: il Belgio è il primo importatore mondiale con il 24% di quota ed il primo esportatore in Europa, mentre la Germania è il secondo importatore mondiale con il 19% di quota, ma in apparenza non ne esporta. Forse li consuma oppure li fa transitare dall’Ungheria, che non importa e non produce conigli ma, stranamente, è il terzo esportatore in Europa. Da dove prende allora i conigli che esporta in Italia?

La Francia è il settimo produttore mondiale, dopo Cina, Venezuela, Italia, Corea, Spagna ed Egitto con una quota di mercato del 3%, tuttavia è il quarto importatore mondiale con l’8% di quota ed il primo esportatore in Europa (con la stessa quota del Belgio pari al 17%).

Il dubbio che sorge agli allevatori – rileva l’ anlac – è che i conigli sottocosto francesi ed ungheresi che hanno invaso l’ Italia, possano essere conigli extra europei triangolati in Europa per farli diventare europei, depistare le origini e alimentare a prezzi di dumping il ricco mercato italiano.

In questo scenario, fortemente anticompetitivo, l’ anlac ha dimostrato agli allevatori del Friuli che solo il mercato integrato riesce a trovare giovamento e a concentrarsi ulteriormente, con espedienti ai limiti della legalità che presto denunceremo in alcune Commissioni parlamentari, mentre il mercato libero muore per assenza di controlli e tutele. Gli effetti restrittivi della concorrenza – denuncia l’ anlac – sono evidenti: è in atto una progressiva deriva monopolizzante che vede ormai il 70% del mercato italiano in mano a tre gruppi di mangimifici silenti che condizionano pesantemente il restante 30% di mercato libero.

Adesso tutti gli allevatori – conclude – per evitare proteste eclatanti, si aspettano che Coldiretti e altri sindacati, escano fuori dal letargo e prendano posizione immediata sull’ argomento, incalzando sia le autorità italiane che europee ad adottare l’ etichettatura obbligatoria d’ origine, misure antidumping come per il riso e intervento dell’ antitrust.

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