Conigli, Anlac: ricorso presso Corte europea dei Diritti dell’ uomo

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I diritti negati agli allevatori italiani e ai consumatori di conigli in Europa sono stati oggetto di un ricorso presentato dai legali dell’ Anlac presso la Corte europea.

Ci siamo rivolti alla Corte europea dei Diritti dell’ uomo perché ci sentiamo traditi dalla mancata implementazione delle misure di programmazione nazionale di settore e dalla Commissione europea che stà discriminando questo comparto. Lo dichiara Saverio De Bonis, presidente Anlac, associazione nazionale liberi allevatori di conigli.

Non si può continuare a lavorare – prosegue – con prezzi al di sotto del 38% rispetto allo scorso anno, senza adottare nessuna misura di tutela verso le importazioni sottocosto provenienti dalla Cina e dalla Francia e senza nessun contrasto a manovre illecite che tentano di limitare la libertà economica degli allevatori italiani, primi in Europa.

Di fronte ad un mercato – aggiunge l’ associazione – che non risponde più alle regole della concorrenza, dunque, all’ offerta e alla domanda, e che non consente meccanismi trasparenti di scelta ai consumatori, è inaccettabile la posizione della Commissione secondo la quale è meglio optare per una scelta volontaria, piuttosto che su una etichettatura obbligatoria dell’ origine a livello comunitario.

Secondo l’ Anlac, i dubbi sollevati dallo studio sull’ inopportunità di estendere l’etichettatura di origine obbligatoria per prodotti di nicchia non appaiono convincenti, in quanto nel nostro Paese anche gli ovi-caprini hanno le stesse quote di consumo pro-capite della carne di coniglio, ma godono dell’ obbligo di informare i consumatori.

La raccomandazione da parte della Commissione europea, benchè priva di valore giuridico, è peraltro in netto contrasto con la volontà e gli impegni del Governo italiano.

E’ ora che lo Stato italiano, – sottolinea il presidente dell’ Anlac – che non ha adottato nessuna misura prevista dal piano di settore per contrastare la crisi del settore, ad eccezione della Cun, metta in atto tutti gli impegni presi attraverso le varie risoluzioni parlamentari, senza subire i condizionamenti delle potenti lobby agroindustriali.

Occorre agire – conclude – prima che sia troppo tardi e che il tessuto produttivo italiano che opera a libero mercato venga smantellato o passi nelle mani di tre gruppi industriali, in una deriva monopolizzante dannosa per i consumatori e per la libera concorrenza.

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